Chiunque si occupi di gestire le risorse umane in azienda si confronta con il problema non solo di attrarre le professionalità presenti sul mercato del lavoro ma anche di trattenere e motivare i collaboratori, contenendo il Turn Over.
Al giorno d’oggi la Retention è un tema che sembra assumere un’importanza ancora maggiore; le aziende devono portare avanti progetti cruciali per soddisfare gli obiettivi di sviluppo che sono stati posti, o devono difendere e consolidare brand e quote di mercato.
Mercati instabili, grande competizione, politiche governative talvolta incerte e mutevoli, acquisizioni, globalizzazione, costi di formazione del personale…
Le aziende affrontano sfide complesse che richiedono non solo la capacità di pensare strategie vincenti, ma anche di dotarsi delle risorse umane più idonee e qualificate per implementarle.
Secondo alcuni poi Il fenomeno del Turn over, che è sempre esistito, sarebbe destinato ad aumentare a prescindere dalle carenze di cultura organizzativa o di capacità del management di incrementare la Retention.
Il nomadismo dei dipendenti potrebbe crescere, in coincidenza con il prossimo ingresso nel mercato del lavoro della Generazione Z (comprendente i nati dopo la metà degli anni 90) i quali andranno ad affiancarsi ai Millennial.
Essi in buona parte sono già lavoratori attivi: secondo il rapporto COOP del 2016 si tratta di oltre 8 milioni di persone in Italia.
Entrambe queste generazioni dimostrerebbero una tendenza a cambiare lavoro più spiccata di quelle precedenti.
Sia o meno così, ci troviamo di fronte a generazioni con cultura, aspettative e tendenze comportamentali nuove, che richiedono una rinnovata attenzione da parte dei responsabili delle risorse umane.
Vedi ad es. High-maintenance Generation Z heads to work oppure Recruiting Millennials: come attrarli, assumerli e trattenerli in azienda?.
Quindi quali possono essere gli accorgimenti e gli strumenti per rendere più stabile e performante il team aziendale?
Non esiste ovviamente un’unica risposta, ma una possibilità è rappresentata da pratiche di Team Building capaci di rafforzare la naturale attitudine delle persone a comunicare e collaborare fra loro, oltreché con i vertici dell’azienda, facendole sentire più partecipi, più parte della squadra.
Qualunque Head Hunter o Responsabile HR potrà confermare che i candidati, nei colloqui, talvolta fanno emergere come motivazione al cambiamento un’insoddisfazione provocata (o aggravata) da motivi diversi rispetto a quelli più consueti (retribuzione e prospettive di crescita professionale).
Quali motivi? Sfiducia nella Leadership dei capi, carenza di comunicazione, tensioni fra colleghi, poco riconoscimento dei meriti e del contributo individuale etc.
In altre parole, sono i problemi di relazione che possono inficiare il clima aziendale (ovvero la percezione che una persona ha della sua realtà lavorativa) e la produttività, e magari spingere le persone a guardare all’esterno per cercare ambienti di lavoro più sereni, organizzati e stimolanti.
Esiste modo e modo di fare Team Building, in materia sono state sviluppate nel tempo numerose esperienze sul campo, che hanno coinvolto organizzazioni di tutti i tipi.
L’approccio in cui crede Quadra Corporate è quello Trasformativo/Facilitativo: esso muove dal presupposto che è possibile migliorare la qualità dell’interazione fra i membri di un gruppo.
L’obiettivo è raggiungere un diverso livello di Empowerment (maggiore chiarezza, fiducia in se stessi e autodeterminazione) e Recognition (rivalutazione e maggiore riconoscimento dell’altro con cui si è in rapporto).
Operando su questi due elementi (che corrispondono a meccanismi psicologici tipici dell’essere umano), si può raggiungere maggiore armonia e coesione nel team di lavoro.
Presupposto essenziale per il Team Building condotto con metodo trasformativo è permettere ai partecipanti di stabilire quali sono, a loro giudizio, gli argomenti da discutere: è evidente infatti che proprio su questi bisogna mettere il focus.
Il rischio connesso ad altre analisi di clima di tipo più classico è la predeterminazione dell’agenda: i partecipanti potrebbero non ritenerla significativa e non essere abbastanza attivi nella sessione di discussione.
Potrebbero anche pensare che l’organizzazione non voglia affrontare certe questioni, potrebbero autocensurarsi tenendo celate così le ragioni più profonde che limitano la produttività del Team.
La presenza di un consulente che stimola il gruppo a esplicitare gli argomenti di cui vuole parlare, in tal senso può essere utile; l’alternativa come si può facilmente immaginare è affidarsi a un interno:
– Il Responsabile delle Risorse Umane,
– il Manager responsabile del team.
Il vantaggio di tale soluzione è che questi soggetti conoscono bene la realtà aziendale; d’altro canto, proprio perché hanno interiorizzato le consuetudini e le politiche tradizionali dell’organizzazione ne sono inevitabilmente condizionati.
Il gruppo inoltre, di fronte ad essi potrebbe ancora una volta essere restio ad affrontare i temi che gli stanno a cuore.
Il Responsabile HR può essere visto come l’orecchio dell’azienda, chiamato più che altro a valutare performance e comportamenti per neutralizzare i presunti fattori di disturbo; Il responsabile di una funzione, di un ufficio, invece è in quotidiana interazione con le persone e perciò non è detto che il suo intervento raggiunga gli scopi desiderati.
Un consulente terzo e neutrale invece non suscita simili preoccupazioni (a condizione però che finalità e modalità del Team Intervention Process siano comunicate con chiarezza, sottolineando che il tutto fra l’altro si svolgerà con la necessaria confidenzialità).
Spetta perciò al decisore aziendale di stabilire quale sia il mezzo migliore per raggiungere una migliore comunicazione e collaborazione fra i dipendenti.
E’ di fondamentale importanza comunque che le aziende maturino una capacità di cambiare e definiscano politiche di gestione e controllo del clima interno, per fronteggiare con successo le tendenze e le sfide del mondo di oggi.